Il disegno di legge sulla “Buona Scuola”, approvato il 20 maggio alla Camera dei deputati con 316 voti a favore, sta creando forti contrapposizioni a volte ideologiche e pregiudiziali, altre comprensibili e legittime.
Il timore è che in tanto livore si perdano di vista i pregi di un provvedimento che condizionerà il futuro dei nostri studenti.
La novità più criticata è quella che prevede l’aumento dei poteri dei presidi scolastici, e in particolar modo la possibilità che avranno di conferire “incarichi triennali, rinnovabili, ai docenti assegnati all’ambito territoriale di riferimento”.
Leggendo il testo è evidente di come non stiamo parlando né di preside sceriffo né di una possibile chiamata diretta, poiché il preside non assume i docenti in quanto sono già dipendenti dello Stato.